Come si previene il TEV nelle situazioni a rischio?
Il tromboembolismo venoso è un evento che si manifesta spesso in particolari situazioni che possono colpire tutti noi nella vita quotidiana (vedi il capitolo sui fattori di rischio; per esempio interventi chirurgici, immobilizzazioni, traumi e/o fratture,etc..). Quando si associano particolari fattori individuali (età avanzata, obesità, pregressi eventi trombo -embolici, gravidanza etc) o fattori acquisiti il rischio trombotico aumenta ed è più facile che la trombosi si sviluppi.
Il modo migliore per combattere una malattia è prevenirla in qualche modo eliminando i fattori di rischio oppure cercando di contrastarne l’azione negativa.
Azioni generali ma certamente molto rilevanti possono essere eseguite direttamente dal soggetto a rischio ( vedi anche il paragrafo sui fattori di rischio): ad esempio cercare di evitare di restare immobili durante lunghi viaggi, soprattutto ma non solo in aeroplano (quasi sempre sono disponibili adeguate istruzioni nella documentazione presente in ogni poltroncina negli aeroplani di linea); cercare di mobilizzarsi quanto prima dopo un fatto infettivo acuto, un intervento chirurgico ecc.; mantenere un corretto peso corporeo.
Azioni più specifiche sono adottate dal medico: in molte situazioni di “possibile pericolo”, quando non è possibile eliminare il fattore di rischio e dopo aver ben valutato l’eventuale rischio di sanguinamento o altre controindicazioni, viene prescritta una profilassi farmacologica: una terapia cioè che mediante l’utilizzo di farmaci anticoagulanti a dosaggi più bassi possa prevenire il rischio di avere una trombosi e/o embolia.
I farmaci utilizzati sono alcuni di quelli già visti nel capitolo della terapia: l’eparina, le eparine a basso peso molecolare (EBPM) e il fondaparinux. Numerosi studi hanno chiaramente dimostrato che questi farmaci, dati a dosaggi più bassi, offrono un’ottima prevenzione dagli eventi trombotici con un basso rischio di effetti collaterali (in particolare il sanguinamento). Infatti questi farmaci sono di uso routinario nei pazienti ortopedici/traumatizzati ospedalizzati per interventi ortopedici, immobilizzazioni, fratture con indicazione a portare un impianto gessato ecc.) nei pazienti chirugici dopo interventi chirurgici e nei pazienti ospedalizzati per alcune malattie acute associate ad ipomobilità ( es,. infezioni, scompenso cardiaco, ictus, infarto miocardico ecc). Questi farmaci vengono somministrati una volta al giorno con iniezioni per via sottocutanea a dosaggio prestabilito e fisso in base al rischio del paziente e della procedura, e vengono a volte mantenuti a domicilio, dopo la dimissione, per 4-6 settimane dopo l’evento. L’inizio del trattamento può essere iniziato subito (in caso d’immobilizzazione per traumi o impianti gessati) o procrastinato alle 12/24 ore successive un interventi chirurgico o alle prime 48-72 ore dopo un ricovero per malattia medica acuta. Questi farmaci non devono essere solitamente monitorati salvo in casi di grave disfunzione renale in cui vi sarebbe una controindicazione al loro utilizzo associata ad un aumento del rischio di sanguinamento. Va comunque eseguito, nella prima fase del loro utilizzo, un prelievo del sangue (emocromo) per controllare il valore delle piastrine ( non per il fondaparinux). Quando la prevenzione farmacologica non è possibile si usa la profilassi “meccanica”: si possono usare le calze preventive “antitrombo” (quelle bianche che spesso si vedono nei reparti di ortopedia), che tramite la compressione delle vene superficiali riducono la stasi venosa e quindi il rischio di trombosi. A differenza delle calze elastiche usate dopo una trombosi venosa per prevenire la sindrome post trombotica, esse hanno un grado di compressione inferiore, sono anche più economiche e possono essere sospese alla completa deambulazione del paziente. Un tipo di profilassi meccanica efficace è rappresentata dai dispositivi a compressione pneumatica intermittente; sono simili a dei manicotti che avvolgono le gambe del paziente e che sono collegati ad un compressore ad aria che le gonfia in modo intermittente. Tale meccanismo è particolarmente usato in reparti di neurochirurgia (ma il suo utilizzo è in rivalutazione anche in reparti medici) ove soggetti pressoché immobilizzati dopo interventi neurochirurgici quindi ad alto rischio di trombosi ma con facile sanguinamento in sede dell’intervento non possono eseguire la profilassi farmacologica.
Riassumendo, in tutte quelle situazioni che sono state ampiamente analizzate nei capitoli precedenti, la profilassi antitrombotica riveste un ruolo fondamentale per evitare lo sviluppo di eventi trombo embolici. Il medico curante (a domicilio o in ospedale) dovrebbe sempre valutare il rischio di un evento trombo embolico in presenza di fattori di rischio ed in base alle caratteristiche individuali del paziente (capacità a pronta mobilizzazione, precedenti eventi trombotici, etc) e quando necessario, imposta una profilassi antitrombotica adeguata. Trattandosi di farmaci molto utili ma non scevri da rischi se non correttamente utilizzati, il loro uso deve essere sempre autorizzato da un medico .